Le foche stanno ripopolando le coste del New England

Le foche stanno ripopolando le coste del New England, negli Stati Uniti, ma non per tutti è una bella notizia come riporta l’agenzia di stampa La Presse.

Da quando nel 1972, con l’Atto di Protezione dei Mammiferi Marini, al loro habitat è stata data la protezione federale, il numero di esemplari è cresciuto sempre più.

Le foche sono tornate a riempire i mari, con grande gioia dei turisti. Meno felici sono, però, i pescatori, che vedono una grande minaccia per i loro affari e le considerano un pericolo per la popolazione: gli squali bianchi, infatti, sono attratti dalla loro presenza.

Elon Musk dà il via ai voli spaziali per privati

Oggi, mercoledì 27 maggio 2020, inizia l’era dei voli spaziali commerciali. È il nuovo importante passo degli Stati Uniti nell’ambito della ricerca aerospaziale; il lancio del primo equipaggio umano con un’astronave americana costruita da un’azienda privata, la prima in partenza di nuovodal territorio americano, dal pensionamento degli Space Shuttle avvenuto nel 2011.

Si tratta della Crew Dragon della SpaceX del patron di Tesla, Elon Musk. Eccola mentre viene trasportata sulla rampa di lancio 39A della base Nasa di Cape Canaveral, in Florida, la stessa dell’Apollo 11 che portò il primo uomo sulla Luna.

Gli astronauti NASA Bob Behnken e Dug Hurley – entrambi al loro terzo volo spaziale – dal 13 maggio 2020 sono in quarantena non solo per la pandemia di Covid-19 ma per la procedura che prevede ogni lancio verso la Stazione spaziale internazionale, doveovviamente non si vuole correre il rischio di portare “ospiti indesiderati” come virus e batteri.

La missione Demo-2 ha il compito di testare definitivamente e convalidare il sistema di lancio di SpaceX composto dalla navetta Crew Dragon e dal razzo Falcon 9, parzialmente riutilizzabile, nell’ambito del programma Commercial Crew della NASA per dare il via a una nuova fase nell’ambito dell’esplorazione spaziale che ha l’obiettivo ambizioso di riportare l’uomo sulla Luna e arrivare anche su Marte.

Una curiosità: per la prima volta, a portare gli astronauti sulla rampa di lancio non sarà più lo storico pullmino della Nasa delle missioni Apollo, qui usato per l’ultima missione Shuttle, la Sts-135 ma una Tesla Model-X elettrica. La rivoluzione comincia anche da qui.

Negli Stati Uniti esplode il fenomeno dei Covid-Party

Covid-Party per infettarsi. E’ un fenomeno che è esploso in America. A lanciare per prima l’allarme è l’autorità della contea di Walla Walla nello stato di Washington. A questo proposito è stato anche diffuso un comunicato: “I funzionari sanitari della contea di Walla Walla stanno ricevendo segnalazioni di Covid-party che si verificano nella nostra comunità, nei quali persone non infette si mescolano con una persona infetta nel tentativo di catturare il virus“, si legge nella nota di stampa e alla cui base ci sarebbe il tracciamento degli spostamenti dei presunti partecipanti a tali assembramenti.

“I funzionari sanitari sottolineano che non sappiamo molto sul Covid – continua il comunicato – Gli epidemiologi non sanno se l’immunità è una cosa certa, se è possibile la reinfezione o se il virus potrebbe continuare a vivere all’interno dell’organismo. Sanno che anche i giovani possono essere ricoverati in ospedale, che i sopravvissuti possono subire danni a lungo termine e che anche un caso ‘lieve’ non è da considerarsi lieve”.

Le feste organizzate con l’intento di contrarre un virus non sono un fenomeno nuovo negli Stati Uniti; prima che venisse sviluppato un vaccino contro la varicella, i genitori organizzavano riunioni dove venivano portati i bambini in modo che potessero contrarre il virus dal malato ed immunizzarsi.

Mettetevi comodi è arrivato il momento del “At-Home Gala”, l’evento di lirica più spettacolare della rete

Sarà un evento speciale quello che domani (sabato 25 aprile) il Metropolitan di New York manderà in onda. E’ il At-Home Gala, l’evento di lirica più spettacolare della rete. In diretta dai propri salotti e schermi-Skype. Sono stati coinvolti oltre 40 artisti internazionali tra cui Jonas Kaufmann, Roberto Alagna, Anna Netrebko, Diana Damrau, Lisette Oropesa, Sonya Yoncheva e Renée Fleming. Ogni cantante parteciperà dalla propria abitazione: le performance saranno trasmesse in streaming e in tempo reale.

La trasmissione inizierà sul sito ufficiale del Met (https://www.metopera.org/)  a partire dalle 13:00 EDT degli Stati Uniti (ore 19:00 in Italia). Sarà possibile visionare il concerto fino alle 18:30 del giorno successivo (ore 00:30 in Italia).

I munifici sponsor staccano assegni milionari al teatro newyorchese, tuttavia per continuare a incassarli, dal sovrintendente in giù va dimostrata reattività anche e
soprattutto nell’ora più buia per la musica dal vivo. Sul palcoscenico virtuale sfileranno (quasi) tutti i numeri uno. Ambrogio Maestri è l’unico italiano, pur in collegamento dalla Svizzera.

Nascono i “Live in” per ospitare cinema e concerti in sicurezza

Il format nasce da un’idea di Utopia Srl, Zoo Srl, Italstage, e 3D Unfold, aziende leader nei rispettivi campi legati alla produzione, all’allestimento e alla progettazione di eventi e che vantano un’expertise ed una storica affidabilità, costruita sul campo nella realizzazione dei più grandi concerti, tour ed eventi italiani degli ultimi anni.

Rispolverando un’idea che andata alla grande negli Stati Uniti, pur di garantire la distanza sociale, ecco che spuntano i Live Drive In”, un progetto per trasformare per l’estate 2020 alcune location in spettacolari drive-in attrezzati con mega schermi e palcoscenici.

L’obiettivo è anche e soprattutto quello di sostenere tutta la filiera di cinema, teatro e musica live. Le città che finora hanno aderito al progetto sono: Milano, Roma, Firenze, Torino, Bologna, Napoli, Verona, Catania, Genova, Bari, Cagliari, Cosenza, Mantova, Avellino, Reggio Calabria, Lamezia Terme, Lido di Camaiore, Olbia, San Benedetto del Tronto e Palermo.

 

 

Il lockdown di Roberta Marcenaro: “Pronta a ripartire per sostenere il made in Italy”

Il numero delle vittime negli Stati Uniti è in aumento, quasi 24 mila. Solo nello Stato di New York, epicentro dell’epidemia negli Usa, sono state appena superate le 10 mila vittime per Covid-19. Vive in una situazione di completo isolamento Roberta Marcenaro, imprenditrice albenganese che da oltre un decennio lavora a Washington, a pochi passi dalla Casa Bianca dove Trump sta valutando la possibilità di riaprire il Paese.

Dal suo ufficio della Imark, fondata sul principio di aiutare aziende italiane a penetrare il mercato statunitense e ora nella casa di campagna in Virginia con la famiglia, anche Roberta sta studiando le strategie per ripartire dopo il clamoroso «lockdown» che ha fermato gli States. In 13 anni di lavoro ha raccolto un portafoglio di nomi importantissimi: Fincantieri, Gruppo Gavio, Ligabue, Engineering, Cimolai, Tecres, e molti altri, li ha portati a crescere economicamente e al successo. «Lo smart working – racconta – è diventato la consuetudine della quotidianità in un’America che sta vivendo difficili conseguenze economiche e sociali. La leadership politica – afferma – non aveva creduto che la grande potenza si sarebbe anch’essa piegata a questa pandemia, che già stava toccando l’Italia dopo la Cina. In pieno boom Trump sostiene di poter scongelare l’economia già dal Primo di Maggio. Oggi assistiamo ad una guerra tra i governatori, soprattutto tra coloro che vogliono riaprire e chi preferisce non azzardare perché il virus non ha colpito allo stesso modo i vari Stati, cosi come le regioni italiane». L’imprenditrice albenganese spiega anche che «un piano «safe» per una riapertura degli Stati Uniti non esiste, con 335 milioni di abitanti, la paura è quella che non ci sono tamponi a sufficienza per un rinserimento al lavoro, qui solo sei stai soffocando ti accettano all’«emergency room»». Televisione e radio accese trasmettono notizie tutt’altro che rassicuranti: «New York – dice Roberta Marcenaro – ha una media di 3 mila chiamate giornaliere di ambulanze contro le 200 dei giorni prima del virus. Riaprire il Primo maggio? Credo che sia difficile. Da oltre 10 anni mi occupo anche di trasporti e conosco bene la progettazione del «mass transit» dell’intero Paese e quindi la movimentazione dei cittadini Usa, che viaggiano di continuo. La verità è che gli americani hanno paura. L’onda di ritorno del virus è dietro l’angolo. A mio avviso – avverte – occorre un piano nazionale di test, prima di tutto, ma pare impossibile per Trump, al contrario di quanto Biden sostiene. La diatriba sta proprio tra il piano strategico economico e quello di sicurezza medica. Il reinserimento avverrà negli Usa, cosi come in Italia e in tutto il mondo, ma non esiste una storia pregressa di metodologie di successo in casi come questi, quindi si navigherà a vista e chi farà meglio sarà un esempio per gli altri Paesi».

“La casa di carta”, la serie di Netflix diventata un successo planetario

Che “La casa di carta” fosse un successo globale lo si sapeva. Ma forse non molti si sarebbero aspettati che la parte 4 della serie di Netflix raggiungesse il gradino più alto tra serie più richieste al mondo. Il dato arriva a un’analisi effettuata dalla società Parrot Analytics, una delle principali a livello mondiale per le indagini raccolta sulla domanda d contenuti video e pubblicato dal portale Eurosat

Secondo Parrot Analytics, nel periodo di debutto, dal 3 al 5 aprile, la Casa di carta 4 ha superato di 31,75 volte il valore medio della richiesta di serie a livello globale, battendo titoli molto popolari come Game of Thrones, The Walking Dead, Brooklyn Nine-Nine e Westworld.

Rispetto ai primi tre giorni del debutto della parte 3, la domanda durante i primi tre giorni della parte 4 è stata significativamente più alta (+36,6%). Dal 19 al 21 luglio 2019, La casa di carta parte 3 ha superato di 23,24 volte la domanda media delle serie a livello globale ed è stata la quarta serie più richiesta in assoluto.

Da sottolineare che la serie spagnola ha riscosso un successo in un importante mix di mercati globali. Infatti, dal 3 al 5 aprile 2020 è stata la serie è stata vista di più nelle Filippine, negli Stati Uniti, in Francia e in Italia piuttosto che in Spagna.

 

Il 10 aprile che passò alla storia, si sciolsero i Beatles

Il 10 aprile di 50 anni fa, l’annuncio di Paul McCartney che sconvolse il mondo: i Beatles si erano sciolti. Paul McCartney, il 10 aprile del 1970, ad apporre la parola fine al mito dei Fab Four.

Lo fece con un metodo inusuale, da par suo. Una (auto)intervista, realizzata attraverso la sua casa discografica, la Apple, in cui Sir Paul rispondeva ad alcune domande sul suo imminente primo album solista (McCartney). Il testo finì in mano a Don Short del Daily Mirror che titolò in prima pagina a caratteri cubitali: “Paul is quitting The Beatles”. Una scelta dettata da «ragioni personali e professionali», avrebbe poi spiegato il bassista.

Oltre a rendere conto a una massa oceanica di fan sconvolti, McCartney dovette anche fronteggiare la rabbia di John Lennon, che aveva deciso di mollare mesi prima, ma non l’aveva comunicato per aspettare l’uscita dell’ultimo album del gruppo, Let It Be, che poi sarebbe stato pubblicato di lì a poco con l’intervento del produttore statunitense Phil Spector.

Perché quella dei Beatles era ormai una macchina in corsa senza più pilota, ma con dentro ancora tanta benzina, come aveva appena testimoniato lo splendido Abbey Road. Una band di magnifici solisti senza più legami. Perfino anarchica, come era apparso nel White Album. «Ormai ero solo io con un gruppo di spalla, e Paul con un gruppo di spalla», aveva implacabilmente sentenziato John Lennon. I successivi dissidi avrebbero solo aggravato una crisi annunciata.

Si chiudeva così la leggenda dei quattro di Liverpool, istantanea sempiterna di un’epoca e pietra angolare della stessa cultura pop, con la loro messe di record e di dischi venduti (se ne conta circa un miliardo). «The dream is over», come avrebbe cantato Lennon di lì a poco (God). E non ci sarebbero stati ripensamenti. Anche per questo fu uno scioglimento atipico. Infinite, invece, le ipotesi sulle cause: dal ruolo di Yoko Ono – di recente “scagionata” dallo stesso McCartney – alla rivalità tra i due (ex?) amici John e Paul, che sarebbe proseguita con frecciatine reciproche (e tentativi di riappacificazione) anche da solisti.

Poi, il luogo comune vuole che, da soli, i quattro non avrebbero più raggiunto i traguardi della gloriosa ditta. Niente di più falso. Perché se è indubbio che l’alchimia beatlesiana si sarebbe dissolta per sempre, è altrettanto doveroso ricordare come McCartney (da Band On The Run al recente Egypt Station), Lennon (da Plastic Ono Band a Imagine e Double Fantasy), Harrison (da All Things Must Pass a Cloud Nine) e lo stesso outsider Starr (quantomeno quello di Ringo, 1973) abbiano consegnato ai posteri un’altra considerevole dose di prodezze. Tanto per ricordarci che nessuno scioglimento e nessun revisionismo critico potranno mai cancellare i Beatles dai libri di storia.

Coronavirus, negli Stati Uniti un locale ogni dieci rischia il fallimento

Secondo uno studio dell’americana National Restaurant Association, negli Stati Uniti l’impatto della pandemia sarà catastrofico: l’11% degli oltre 4.000 proprietari di ristoranti intervistati ha dichiarato di prevedere di chiudere definitivamente i battenti entro i prossimi 30 giorni.

Il 3% lo ha già fatto. Proiettando queste sul milione di ristoranti che s esistono negli States, 30.000 esercizi sono già spariti, e circa 110.000 spariranno entro aprile. Nei primi 22 giorni di marzo l’industria della ristorazione Usa ha perso 25 miliardi di dollari di vendite e oltre tre milioni di posti di lavoro.

Chiuso a tempo indeterminato il Grand Canyon negli Stati Uniti

Alla fine il Grand Canyon ha ceduto al coronavirus. Il parco ha chiuso a tempo indeterminato dopo che un impiegato è risultato positivo.

Il Grand Canyon, che ogni anno riceve in media sei milioni di visitatori, aveva deciso di rimanere aperto nonostante le pressioni per una chiusura a causa dei rischi per la diffusione dei contagi da coronavirus. Poi la marcia indietro dopo una lettera delle autorità locali che ne consigliava la chiusura immediata.

Prima del Grand Canyon negli Stati Uniti avevano già chiuso il Joshua Tree National Park, Yosemite National Park in California, Arches and Canyonlands in Utah, Grand Teton in Wyoming e Yellowstone che si estende lungo tre stati Idaho, Montana e Wyoming.

Medici gratis all’hotel Four Seasons di New York per l’emergenza Covid

Nelle sue lussuose stanze sono passate teste coronate, presidenti, vip, star e tutto il gotha del business mondiale. Qui sono state girate alcune scene cult della serie “Sex and the city” e “Cowboy away “. Ora però il famoso hotel Four Seasons di New York, l’iconico grattacielo grigio nato dal design di dall’architetto Ieoh Ming Pei, scende in campo per medici e infermieri. L’hotel a cinque stelle ospiterà gratuitamente infatti il personale sanitario impegnato nella lotta al coronavirus, mettendo a disposizione 350 camere.

«I nostri operatori sanitari lavorano instancabilmente in prima linea in questa crisi», ha spiegato Ty Warner, fondatore e presidente di Ty Warner Hotels and Resorts, proprietario del Four Seasons. Soggiornare nell’albergo sulla 57esima Strada a Manhattan, che ora è chiuso per l’emergenza e non accetta prenotazioni sino al 15 aprile, normalmente costa oltre mille dollari a notte.

In questa situazione però, con medici e infermieri che affrontano turni massacranti in ospedale, Warner spera di poter dare il suo contributo almeno riducendo il tragitto per chi abita più lontano. «Molti di coloro che lavorano a New York City devono percorrere lunghe distanze da e per le loro case dopo turni di 18 ore – ha aggiunto -. Hanno bisogno di un posto vicino al lavoro dove riposarsi e rigenerarsi. Non c’era altra opzione per noi che fare tutto il possibile per dare una mano». Su Twitter, il governatore di New York ha ringraziato il Four Seasons, dicendo di «sperare che sia il primo di molti hotel che metteranno a disposizione le loro camere».

Negli Stati Uniti d’altra parte l’emergenza sta crescendo giorno dopo giorno. «Gli hotel sono sono vuoti. Le persone sono disoccupate – ha segnalato detto il tenente generale Todd T. Semonite, ingegnere capo e comandante generale del Corpo degli ingegneri dell’esercito americano, ha detto in una conferenza stampa al Pentagono – Possiamo fare piccoli contratti di locazione, adattare l’edificio alle eesigenze sanitarie, cambiamo le unità di condizionamento d’aria per creare camere a pressione negativa che potrebbero aspirare l’aria dalla stanza attraverso uno sfiato, riducendo al minimo i contaminanti presenti nell’ariia, mettiamo sigilli di plastica vicino alle porte e facciamo le sale di cura nei saloni più grandi».

Un’idea subito adottata dal sindaco di Chicago Lori Lightfoot che ha annunciato la prenotazione di 1.000 camere in cinque hotel per isolare le persone con lieve malattia di Covid-19, temendo l’esposizione o in attesa dei risultati dei test .

Ryan Garcia l’enfant prodige della boxe categoria pesi leggeri

Ryan Garcia nasce in California a Victorville nel 1998, pur essendo americano per nascita e nazionalità, Garcia incorpora spesso la sua eredità messicana nella sua persona. Porta spesso sia la bandiera degli Stati Uniti che quella messicana sul ring e spesso indossa i colori rosso, bianco e blu. È promosso da Golden Boy Promotions, società fondata dall’ex campione messicano. Sebbene non parli spagnolo, è attualmente addestrato da Eddy Reynoso.

Ryan Garcia che vanta un 19-0 con 16 KO, sta stupendo tutti, capace di colpire gli avversari con una velocità e potenza straordinaria e di lanciare 100 pugni a round, i paragoni si sprecano, molti addetti ai lavori credono che Ryan Garcia sia già pronto per battersi con Tank Davis.

Ryan Garcia riuscirà a rispettare le attese? Solo il tempo ci dirà dove potrà arrivare questo ragazzo dalle qualità straordinarie.

 

Alex Sicorello