Sono dieci le «Osterie migliori della Liguria»

Sono dieci le «Osterie migliori della Liguria». Eccolo l’elenco delle aziende insserite nella nuova «Guida Slow Food 2023». Cian de Bià – Badalucco (IM); Magiargè Vini e Cucina – Bordighera (IM); Mse Tutta – Calizzano (SV); Il Castagneto – Castiglione Chiavarese (GE); A Viassa – Dolceacqua (IM); Raieü – Lavagna (GE); Ligagin – Lumarzo (GE); Baccicin du Caru – Mele (GE); La Brinca – Ne (GE) e U Giancu – Rapallo (GE).

La guida “Osterie d’Italia 2023” è disponibile in tutte le librerie

Il riconoscimento viene assegnato alle attività che si distinguono per proposta, ambiente, cucina ed accoglienza in sintonia con i valori del buono, pulito e gusto. La guida “Osterie d’Italia 2023” è disponibile in tutte le librerie e sullo store online di Slow Food Editore dal 26 ottobre. 

Sono 1370 gli indirizzi inseriti nella nuova guida

n tutto la nuova edizione della guida Slow Food raccoglie 1730 indirizzi di osterie, agriturismi, enoteche con cucina e ristoranti segnalati per la cucina territoriale, la rigorosa selezione degli ingredienti e il prezzo giusto e introduce tre nuovi simboli per raccontare in modo più ampio e dettagliato l’offerta dei locali recensiti: il simbolo del pane, assegnato alle osterie con un eccellente cestino del pane e di prodotti da forno, autoprodotti o reperiti da fornai di qualità; il simbolo dell’olio, ai locali che valorizzano l’olio extravergine d’oliva sia a tavola che in cucina, secondo una selezione oculata di prodotti d’eccellenza e rappresentativi del territorio; il riconoscimento del Bere Bene, assegnato a quelle osterie che offrono, accanto o in sostituzione a una valida proposta di vini, una selezione di bevande alcoliche e non – birre artigianali, distillati, cocktail ma anche succhi, estratti e infusi – scelti con attenzione e personalità. 

Olio extravergine, pubblicata la guida di Slow Food

“Una guida che va oltre la degustazione: aiuta a scoprire i territori e l’umanità che c’è dietro una bottiglia di olio”. È presentata così l’edizione 2021 della Guida agli Extravergini 2021 di Slow Food. La pubblicazione presenta 838 aziende e 1328 (tra i 1500 assaggiati) oli di qualità recensiti. All’interno del volume 179 novità assolute, 259 riconoscimenti Grande Olio, contraddistinto dal simbolo di un’oliva e Grande Olio Slow indicato con la dicitura “Slow”, a testimonianza della qualità dell’extravergine italiano.

Presenti 36 chiocciole, riconoscimento alle aziende (e non all’olio) che interpretano i valori di Slow Food, 168 oli riconosciuti come Presidio Slow Food, 653 aziende che offrono lo sconto del 10% ai soci di Slow Food. Sono segnalate inoltre le aziende che offrono servizio di ristorazione (266, identificabili con l’icona del piatto) e la possibilità di pernottamento (360, indicate con il simbolo della casa).

I curatori fanno presente che con la nuova edizione si registra tra le aziende di molte regioni una crescita dei giovani imprenditori, un incremento di chi opera in regime biologico e di chi ha deciso di bandire dai propri terreni i prodotti di sintesi. Emerge un’ attenzione del comparto per le varietà autoctone, molti i monovarietali.

Viene ricordato che secondo calcoli elaborati da Ismea e Unaprol la produzione della campagna 2020-21 si assesta sulle 255 mila tonnellate, con una riduzione del 30% sullo scorso anno. A trainare verso il basso è la riduzione del raccolto nel Sud Italia (Puglia e Calabria in testa), a causa dell’annata di scarica e di dannosi eventi atmosferici e fitosanitari, non compensata dai buoni risultati del Centro-Nord. Qualitativamente invece l’annata si conferma buona.

Al Lingotto la tredicesima edizione del Salone del Gusto

C’è ancora tempo, ma già se ne parla. Dall’8 al 12 ottobre al Lingotto di Torino è in programma il Salone del Gusto, ovvero il più grande evento internazionale dedicato al cibo buono, pulito e giusto, all’ambiente e alle politiche alimentari.

Si tratta di un evento unico che attrae ogni due anni nel capoluogo piemontese centinaia di migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo, delegati della rete Slow Food, aziende, attivisti, docenti, esperti, giornalisti.

La famosa manifestazione, organizzata da Slow Food insieme alla Regione Piemonte e alla Città di Torino, giunge quest’anno alla sua tredicesima edizione. L’evento, che si svolge all’interno del Lingotto Fiere di Torino, avrà quest’anno una veste nuova con una geografia che mette al centro gli ecosistemi: Terre Alte, Terre d’Acqua, Terre e Città e Terre Basse.

Carlo Petrini: “Oggi più che mai le botteghe alimentari fanno la differenza”

Ciò che sta accadendo negli ultimi giorni ci porta a riflettere su ciò che è essenziale, e in particole su due fattori primari e indispensabili per la nostra sopravvivenza: la salute e l’approvvigionamento alimentare. Se per il primo evito di contribuire alla bulimia informativa in corso, per il secondo ci sono diverse riflessioni che mi sembra interessante mettere sul tavolo della discussione.

Per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, molti cittadini, non solo italiani, hanno provato nuovamente paura: la paura dell’incertezza e del non poter avere accesso al cibo liberamente. L’assalto ai supermercati e la corsa alle scorte alimentari a cui abbiamo assistito ne sono chiara testimonianza.

Il sistema alimentare fortemente globalizzato a cui ci siamo abituati, si mostra quindi nella sua complessità e, in questo caso, ci dà la possibilità di vederne pro e contro in maniera chiara, facendoci apprezzare i lati positivi e osservarne limiti e problematiche.

A partire dall’allarme rosso in agricoltura, scatenato dalla mancanza di braccianti stranieri, impossibilitati nel venire in Italia perché bloccati dalle chiusure delle frontiere e dalla mobilità ridotta: in un momento in cui la domanda è, tra l’altro, in forte crescita, la raccolta di frutta e verdura è in seria difficoltà. Ma la fase a valle della filiera non è l’unica a risentire dell’emergenza sanitaria vigente, e una riflessione va fatta anche per ciò che riguarda il sistema distributivo.

Se è vero che in questi giorni, per molti di noi che vivono in città, la grande distribuzione organizzata rappresenta la garante per la sicurezza alimentare, è altresì importante notare che il supermercato e lo shopping online – figli prediletti del sistema di consumo attuale – offrono un servizio tanto necessario quanto impersonale e non sempre accessibile a tutti ovunque. Questo è ad esempio il caso di quegli anziani che vivono in piccoli borghi e nelle periferie, lontane dall’universo delle città e dei paesi più grandi, impossibilitati negli spostamenti in macchina. Quei luoghi dove la grande distribuzione non è arrivata e dove invece vivono (e regalano vita) le botteghe artigiane, quelle che secondo uno studio della Cgia, negli ultimi dieci anni in Italia sono diminuite del 12,1% (una perdita di circa 200 mila negozi di vicinato, non solo alimentari).

Le botteghe, difatti, hanno un elemento distintivo che in situazioni come quella odierna (e non solo) potrebbero davvero fare la differenza: la loro funzione non è solo di mero servizio distributivo, bensì di relazione; veri e propri presìdi di fiducia del territorio e del tessuto sociale, rappresentano un’ancora di salvezza per molti paesi che così si sentono meno isolati.

Se in questi giorni in alcuni luoghi non ci fossero state le botteghe (che in questo periodo, per rispettare le direttive, si sono talvolta organizzate con servizi a domicilio), molte persone non avrebbero saputo come approvvigionarsi e a chi rivolgersi. Ma l’equazione è semplice: le botteghe resistono laddove ci sono persone che le animano. Se i borghi si spopolano e i giovani vanno via, le saracinesche chiudono, e gli anziani – a meno che non intervengano forme di volontariato o amministrazioni locali – sono costretti a trasferirsi. È un circolo vizioso da cui dover uscire, poiché i borghi senza botteghe muoiono, e viceversa.

Approfittiamo di questi giorni per immaginare un dopo dove, una volta capito cos’è davvero necessario, possano convivere varie realtà, dalle botteghe ai supermercati, diversificate e su misura in base alle necessità di ogni luogo.

E allora, quando usciremo da questo tunnel – perché ne usciremo – per far si che vada davvero tutto bene, facciamo tesoro di ciò che abbiamo sofferto per ripensare a un modello alimentare diverso.

Un modello che non si basi più sul semplice consumo, ma che trovi soluzioni alternative che valorizzino da un lato i beni comuni e chi li custodisce (suolo e contadini in primis), e dall’altro i beni di relazione. In questo, le botteghe di prossimità, giovani e multifunzionali, potrebbero davvero avere un ruolo determinante, e queste pagine tristi rappresentare l’occasione per quel nuovo inizio a cui tutti stavamo anelando.

Carlo Petrini
Da La Stampa del 15 marzo 2020

A Bra c’è “Cheese” protagonisti i formaggi e i salumi

Cheese, l’evento clou della filiera lattiero-casearia piemontese e non solo,
va in scena dal 20 al 23 settembre nella città di Bra che con Slow Food dedica questa
12ª edizione al tema del“naturale”: protagonisti dunque formaggi, ma anche salumi
senza nitriti e nitrati, pani a lievitazione naturale, vini e birre.

Molti gli appuntamenti, i Laboratori del Gusto, per esempio, dove assaggiare formaggi dal mondo, caci italiani e le forme dolci del latte, accanto a nuove aree come quella dei produttori
“fermier”, piccole aziende agricole che trasformano solo il latte dei propri animali,
praticano il pascolo e producono formaggi.

“La dodicesima edizione dell’evento – si legge sul sito web dedicato www.cheese.slowfood.it – punta su un tema cruciale per il futuro del cibo: Naturale è possibile, che idealmente costituisce una tappa del percorso che, partendo dal latte crudo, approda ai formaggi naturali, ovvero senza ‘bustine’ (batteri selezionati in laboratorio e riprodotti industrialmente da pochissime multinazionali) per dimostrare che i formaggi senza fermenti di sintesi sono più ricchi di biodiversità ed espressione più autentica dei territori di origine”.

“Ma il discorso del naturale non vale solo per il formaggio: rappresenta una sfida più ampia, che riguarda anche i salumi, i pani, i vini. A Cheese 2019 vogliamo raccontare i salumi prodotti senza l’ausilio di nitriti e nitrati, i vini senza solfiti e lieviti selezionati, i pani fatti con pasta madre, nella convinzione che il cibo naturale non sia semplicemente più buono, ma faccia anche meglio alla nostra salute e abbia un minore impatto sull’ambiente e sulle sue risorse”, di legge ancora sul portale.

La ventricina, il salume più celebre del Molise

La ventricina è il salume più celebre del Molise. Sia la carne all’interno sia il procedimento di produzione fanno si che si possa definire a ragione uno dei salumi italiani più costosi.

La Ventricina è un salume da mangiare dopo una lunga stagionatura ed ha a caratteristica di non prevedere al suo interno alcun tipo di conservante e additivo. Si mangia tagliando la parte alta ovoidale del salume più stretta, si preleva la carne con un cucchiaio o una spatola in quanto il prodotto è abbastanza omogeneo e cremoso. Si può fare anche a fette, ma resta comunque ottimo da spalmare su dei crostoni di pane casereccio oppure per guarnire grissini al farro, al kamut o integrali.

Tra le ventricine molisane la più rinomata è quella di Montenero di Bisaccia (CB). Una delle varianti è quella di Montemitro (CB), un paese di “fondazione” croata in cui si parla un dialetto antichissimo. Qui la ventricina è chiamata paparolica, parola di origine croata che deriva da paprika, la spezia con cui si condisce la carne. Si prepara con guanciale, pancetta magra, spuntature e lardo, macinati grossolanamente e conditi con paprika e semi di finocchio. Quella di Bisaccia fa parte anche dei Presidi Slow Food.