1980: I Buggles e quando le stelle del video sembravano uccidere quelle della radio

Il 1980 è un anno di svolta. Clamoroso.

Il punk è alle corde, trionfa la new wave e a dicembre la morte di Lennon segnerà uno spartiacque.

Ai primi di maggio le classifiche sono però rassicuranti, ma fino a un certo punto.

Lucio Battisti, al terzo posto, mette la parola fine – con un capolavoro: “Una giornata uggiosa” – alla collaborazione con Mogol. E nulla sarà più come prima. Almeno per lui.

Toto Cutugno e Pupo, rispettivamente con “Solo noi” e “Su di noi”, al secondo e quinto posto, tengono botta con le loro evanescenti melodie.

I Pink Floyd entrano in classifica (al settimo posto) con un disco-rock intitolato: “Another brick in the wall”. Niente di che.

Al decimo posto fiammeggia la meravigliosa “My Sharona” di The Knack. Puro rock and roll fuori tempo massimo.

Ma al primo posto c’è il pezzo che, in qualche modo, cambierà tutto: “Video killed the radio star” dei Buggles.

La band non lascerà traccia, a parte il fatto che uno di loro finirà in una delle innumerevoli versioni degli Yes. Ma la canzone è pazzesca.

Una di quelle canzoni che quando l’hai scritta e registrata ti rendi conto di esserti guadagnato un pezzo di Paradiso. E di eternità.

E i Buggles ci riuscirono.

Anche se la profezia contenuta nella canzone – che la tv avrebbe ucciso la radio – non si avverò.

Ferdinando Molteni