Federico Sirianni canta Maqroll, il gabbiere. Un viaggio straordinario raccontato in un disco bellissimo

Ho ascoltato il disco prima di molti altri. Ma non ho fatto in tempo a scriverne. Così altri hanno scritto del capolavoro, della meraviglia confezionata da Federico Sirianni in “Maqroll”, erede – Sirianni – grande e vitale della cosiddetta Scuola genovese.
Così ci ho pensato un po’. Mi sono detto: ci sarà qualche difetto in questo disco, qualcosa che mi disturba e che non hanno colto gli altri. E invece niente. E tutti gli altri nel frattempo ne hanno scritto. Mentre io ho continuato ad ascoltare il disco, quasi ossessivamente.
“Maqroll” è un viaggio musicale nel mondo letterario di Álvaro Mutis e di Maqroll, il gabbiere – sorta di alter-ego fantastico di Mutis, errabondo don Chisciotte e interprete, spesso imprevedibile, del mondo che osserva. Figura di straordinario fascino che ha avvinto Sirianni tanto da “costringerlo” a farne, a sua volta, una sorta di alter-ego.
“Maqroll” è, dunque, un disco pieno di parole e di storie. Sirianni – che alla letteratura guarda spesso nel suo mestiere di cantautore – maneggia le parole con virtuosismo di poeta e il gusto del cantante popolare.
Le canzoni sono dieci, tra le quali mi è impossibile scegliere, tanto le une sono inscindibili dalle altre. Ma qualcuna si dovrà citare, per ingolosire il pubblico che ancora non ha affrontato questo magnifico gioiello della contemporanea canzone d’autore.
Il pezzo d’apertura – sorta di proemio dell’opera – s’intitola, semplicemente “Maqroll, gabbiere” ed è di una bellezza sconcertante: i versi, così ricchi di significati, leggeri ed epici al contempo, e la musica, con una delicata melodia che ricorre e che avvicina la canzone ad alcune delle cose migliori di De Gregori.
“Una sorta di naufragio” – il pezzo che segue – ha, nuovamente, qualcosa di epico. I suoni imponenti dell’elettronica rendono la canzone quasi cinematografica. Siamo dalle parti di “Shakleton” di Battiato, dove il naufragio assume i più diversi diversi significati: “Una catastrofe psicocosmica” scriveva Manlio Sgalambro.
La terza traccia – “Pane e passione” – è una ispiratissima ballata poggiata su un semplice arpeggio di chitarra. Una sorta di canzone d’amore, come in fondo sono quasi tutte quelle di Sirianni. E come lo è quella seguente, forse una delle vette della scrittura dell’artista. E non solo.
“Per arrivare a te” è la canzone perfetta. Con la melodia giusta, dolce ma non troppo, semplice ma non troppo, cantabile ma non troppo. E poi c’è il testo, struggente, pieno di immagini e invenzioni (nelle invenzioni, Sirianni, assomiglia sempre di più ad un poeta). Dentro ci sono secoli di letteratura – dalla Bibbia a Bolaño – e una donna, misteriosa ed evanescente. E c’è tutta l’arte e anche l’artigianato sapiente di Sirianni. Oggi, probabilmente, uno dei più grandi scrittori di canzoni in Italia.
Un tappeto elettronico – ma di quell’elettronica “sana” e bella e senza tempo che rimanda, talora, al Battisti dei dischi bianchi o al Battiato più recente – accoglie “Lettere da nessun dove”, dove Sirianni si trasforma in una sorta di “slameur”, come direbbero i francesi, un poeta che declama versi su un tappeto sonoro. Sì, perché la canzone potrebbe davvero non essere cantata, ma solo recitata, come in effetti Sirianni sembra fare.
Ancora una bellissima canzone d’amore è “Il mio amore sospeso” dove l’artista si misura – ma non è la prima volta nella sua carriera – con i suoni di una formazione classica. Ne viene fuori una specie di dichiarazione d’amore ad un amore possibile. Sospeso, dunque. Forse passato e rimpianto, forse futuro e atteso.
“La ballata dell’acqua” – canzone che aveva annunciato il disco, quasi fosse un 45 giri affidato alla rete – è una di quelle canzoni in cui Sirianni sembra dirti: ti faccio vedere quanto sono bravo a scrivere. Il pezzo è, in effetti, un saggio di bravura tutto centrato sul tema dell’acqua, come elemento e come concetto. Per dare un’idea, siamo dalle parti di “Pezzi”, ancora di De Gregori o di certe cose del primo Branduardi, che potrebbe degnamente e legittimamente cantare questa canzone.
Ho parlato molto delle parole di questo disco, ma dentro c’è anche tanta musica. E lo testimonia il fatto che ci sia un pezzo totalmente strumentale, “La stiva dell’Alciòn”, frammento ancora una volta cinematografico messo lì apposta per prepararci alla fine della storia. Ammesso che la storia di Maqroll possa mai avere una fine.
Riporta tutto a casa – come direbbe Dylan – “Ecco qui”, una ballata quasi riassuntiva di una vita e delle cose viste. Le immagini si susseguono e giustapposte danno senso ad uno dei testi più difficili e belli di Sirianni. La musica, questa volta, è davvero un pretesto. Sono le parole che contano.
Sirianni, accettata la sfida di affrontare il leggendario Maqroll – cerca di dare una fine al suo lavoro. Una fine che tuttavia gli sfugge, perché Maqroll non si è fatto addomesticare, si è come liberato dal racconto, di Mutis e suo. Del resto, chi potrebbe mettere la parola fine alla storia di Ulisse?
“Maqroll, alla fine (La disperanza)” è, tuttavia, la chiave del disco. Una canzone che prova a ragionare della fine, della morte e della mancanza di speranza. Riprende, per un breve tratto, la felice melodia del pezzo d’apertura. Poi arriva altro. Un’altra melodia, qualcosa che evoca i suoni di un porto o forse il sopraggiungere di una tempesta.
Mi ero ripromesso di citare solo qualche canzone. Non riuscendo a scegliere, le ho raccontate tutte. Colpa di Sirianni. Non mia.

Ferdinando Molteni

P.S: Il gabbiere, per chi non lo sapesse, è il marinaio che sta sul pennone più alto delle navi a vela. E da lì governa le vele. Ma, soprattutto, vede più lontano degli altri.

La canzone da sentire: https://www.youtube.com/watch?v=RDfN_LW8z_o

 

Il virus manda in crisi la musica dal vivo. Parla Mogol, presidente della Siae

La musica dal vivo – in tutte le sue forme – è, insieme alle persone e a tante altre professioni, una delle grandi vittime del virus che sta annichilendo il Paese. Musicisti, ma anche maestranze collegate alla musica, si sono ritrovati senza lavoro da un giorno all’altro: cantanti e cantautori, orchestre di musica da ballo, coristi e “aggiunti” di enti lirici piccoli e grandi, ma anche dj e animatori di feste e serate.

Il tema è rapidamente arrivato sul tavolo del presidente della Siae, Giulio Rapetti Mogol, il quale ha, giusto qualche ora fa, emesso un comunicato che – se non compiutamente – almeno in parte prova a mettere un argine alla crisi. Una crisi che, nelle parole dell’autore di tante canzoni di successo, diventa senza mezzi termini: “calamità”.

Scrive Mogol: «Come sapete, da alcune settimane il nostro Paese sta attraversando un momento molto difficile a causa della diffusione del coronavirus. L’evoluzione della situazione ha reso necessaria l’adozione di misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza sanitaria che ha avuto pesanti ricadute su tutto il settore dello spettacolo. Quella che le imprese culturali stanno affrontando ha ormai il carattere di una vera e propria calamità. Tuttavia, l’emergenza che l’Italia sta vivendo va affrontata con senso di responsabilità e di collaborazione da parte di tutti noi, perché la salute resta l’unico bene primario, anche rispetto al lavoro. Per questo, Siae ha messo in atto subito una serie di azioni che permettessero di continuare a fornire tutti i servizi agli autori e agli utilizzatori, tutelando nello stesso tempo i propri dipendenti, a partire dall’attivazione del lavoro a distanza».

Ma l’intervento della società che tutela autori ed editori non si limita a questo. Aggiunge Mogol: «Inoltre, sono stati adottati provvedimenti per gli utilizzatori, dalla proroga del termine per il rinnovo degli abbonamenti per musica d’ambiente fino al 17 aprile, alla possibilità di chiedere il rimborso per coloro che avevano già pagato degli importi attraverso il Portale Feste Private per una data rientrante nel periodo di sospensione degli eventi. La nostra priorità anche durante questo difficile periodo è dunque starvi vicino, garantendo la continuità operativa ma anche fornendo un sostegno concreto. Per questo Siae si è attivata affinché nel decreto-legge “Cura Italia” fosse inserita la creazione di un fondo per supportare cinema e spettacolo dal vivo e soprattutto affinché fosse prevista la destinazione del 10% dei compensi della copia privata al sostegno economico degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore».

Conclude Mogol: «Mai come in questi giorni, così particolari per l’Italia e il mondo intero, dobbiamo attingere alle nostre risorse più intime per trasformare questa situazione di crisi in un’opportunità. La diffusione della cultura è essenziale non solo per l’economia italiana ma per la stessa qualità della vita e sono certo che, una volta superata l’emergenza, riusciremo a trasformare questa esperienza in un’occasione per fare un salto di qualità come sistema Paese, attivando percorsi virtuosi di innovazione in tutti i campi. Per il momento vi dico: coraggio e prudenza. Oggi non ci sono valori più grandi».

 

Ferdinando Molteni