Google Chrome spione, eliminate 70 estensioni dal motore di ricerca

Sono 70 le estensioni sparite dal Chrome Store e 32 milioni i download che avevano raggiunto prima che Google, dopo una segnalazione di Awake Security, si è accorta che contenevano uno spyware. Si tratta, visti i numeri, della campagna di malware più grande di sempre sul Chrome Store. Lo scrive Libero Tecnologia.

Ancora una volta, quindi, Google ha mancato il colpo lasciando passare indisturbate delle estensioni pericolose che sono state poi installate in massa dagli utenti di Chrome. Che, lo ricordiamo, è il browser più usato al mondo. La notizia è stata riportata da Reuters, che ha anche contattato Google per un commento. La risposta di Google, però, è stata molto vaga, mentre ha rigettato ogni accusa la società israeliana Galcomm che sembrerebbe la destinataria dell’enorme mole di dati raccolti dalle 70 estensioni rimosse. A quanto pare il meccanismo di spionaggio messo in atto da queste estensioni di Chrome era tarato per funzionare solo sui PC di utenti privati e non anche all’interno di una rete aziendale. Una tattica messa in atto per non farsi scoprire facilmente.

Estensioni pericolose: come funzionavano
La maggior parte delle estensioni scoperte, tutte gratuite, ufficialmente serviva ad avvisare gli utenti in caso di navigazione su siti pericolosi, oppure per convertire file da un formato all’altro. In realtà, però, procedevano a leggere la cronologia del browser e molte altre informazioni personali e a trasmetterle a server remoti. Non è chiaro chi ci fosse dietro queste estensioni: Awake ha affermato che gli sviluppatori hanno fornito informazioni di contatto false quando hanno inviato le estensioni a Google per l’approvazione. E Google non ha controllato.

Tim lancia “Tim Voce Smart con Google”

Tim lancia “Tim Voce Smart con Google”, un nuovo servizio che “trasforma il modo di telefonare”. Tim è la prima telco in Europa che “rende possibile fare chiamate da mobile con comando vocale dai dispositivi per la smart home di Google verso qualsiasi numero di rete fissa o mobile con il nuovo servizio ‘Tim Voce Smart con Google’. Una novità importante che si inserisce nel contesto sempre più ampio della partnership tra Tim e Google”.

Il nuovo servizio, “gratuito e in esclusiva per i clienti Tim, oltre ad ampliare il portafoglio prodotti e servizi, accelera ulteriormente il percorso di convergenza tra soluzioni core e innovative, con particolare riferimento a quelle smart per la casa”.

“Tim Voce Smart con Google” rappresenta l’integrazione del servizio voce mobile e della rete fissa con l’intelligenza dei dispositivi Google Nest. I clienti Tim consumer con linea fissa e un’offerta mobile prepagata già attiva potranno usare gratuitamente il servizio dopo averlo configurato dalla app Google Home e associato al numero del proprio smartphone.

Per chiamare una persona sarà sufficiente dire “Ok Google, chiama…” unito al nome del contatto in rubrica o il suo numero di telefono. Per concludere basterà dire “Ok Google, termina chiamata”.

Grazie a questo servizio “sarà ancora più semplice fare chiamate in piena libertà usando solo la voce e gestire in modo immediato la rubrica del proprio smartphone, anche nei casi in cui il cellulare fosse spento, con la batteria scarica, non fosse a portata di mano o dove non ci fosse sufficiente copertura della rete mobile”. Il comando vocale “consente anche di chiamare persone o attività commerciali usando la ricerca Google”.

Apple e Google varano l’app Immuni, privacy tutelata?

Apple e Google hanno annunciato di avere rilasciato la tecnologia per smartphone che permetterà l’elaborazione di app in grado di avvisare automaticamente le persone che potrebbero essere state esposte al coronavirus. Fra i 22 paesi che utilizzeranno questo software anche l’Italia con l’app Immuni. Il sistema si basa sulla tecnologia Bluetooth per rilevare se un utente che ha scaricato l’app abbia avuto contatti con qualcuno che in seguito sia risultato positivo al Covid-19.

Finora i tentativi condotti finora si sono riscontrati problemi tecnici ma la cooperazione fra Apple e Google che – con iOs e Android – controllano praticamente la totalità dei sistemi operativi a livello globale dovrebbe permettere di superare gli ostacoli. Tutto questo manterrò le necessarie tutele della privacy? L’identità degli utenti delle app sarà protetta da crittografia e beacon identificativi anonimi e a rapido cambiamento.

Oltre Immuni, Apple e Google si alleano per l’app anti Covid

Chi l’avrebbe mai detto che Apple e Google potessero trovare un punto di accordo e riuscissero a trovare la volontà per sviluppare uno strumento insieme. Eppure la pandemia di Covid è riuscita a fare pure questo, ha messo insieme i due big della tecnologia alla ricerca di un’app di tracciamento valida per contenere la pandemia ed aiutare così gli stati nella loro missione contro il virus.

Come funziona il tracciamento

Il tracciamento dei contatti è il processo di identificazione e isolamento di chiunque sia entrato in contatto con qualcuno che trasporta un agente patogeno, ad esempio il Covid-19. Questo significa che la persona segnala la sua positività e dove si è recata, chi ha incontrato e che posti ha visitato. A catena, le persone venute in contatto con il positivo segnalano i loro spostamenti e così via fino a creare una rete. Il processo, digitalizzato tramite un’app, si è rivelato utile nel ridurre la trasmissione del virus nei territori dell’Asia orientale come Singapore, Corea del Sud e Taiwan, che hanno adottato volontariamente app e strumenti di tracciamento dei contatti. Ed è proprio l’app di Singapore, TraceTogether, ad aver ispirato le scelte di Google e Apple, le quali hanno presentato un prototipo in uscita a metà maggio.

Come TraceTogether, lo strumento di Apple e Google utilizzerà il Bluetooth per approssimare la distanza ad altri telefoni che hanno l’app, il che significa che non raccoglierà i dati GPS o tramite Wi-Fi. I dispositivi si scambieranno ID anonimi e crittografati, che verranno archiviati localmente sul dispositivo e che possono essere decifrati solo da un’autorità di sanità pubblica (come un ospedale) dando naturalmente il consenso solo se si pensa di essere a rischio e se si è stati sottoposti a test. Gli ID sembra che cambieranno ogni 15 minuti, quindi i dati saranno più difficili da decifrare.

Una volta de-crittografato, l’ospedale attiva l’app di tracciamento dei contatti che quindi invia una notifica a tutti gli ID memorizzati sul telefono di quella persona. La notifica informa se si è stati in contatto a qualcuno con Covid-19 e probabilmente esposto ad esso. Il destinatario della notifica può scegliere come rispondere a queste informazioni.

E la privacy?

Come già per immuni anche questa app è su base volontaria. A discapito di Google e Apple ma anche di molte altre app simili, questi strumenti di tracciamento sono resi anonimi tramite gli ID rotanti che si modificano ogni 15 minuti, rendendo così più difficile (ma non del tutto impossibile) identificare l’individuo. Le informazioni vengono inoltre archiviate localmente e non in un cloud o server e non raccolgono informazioni di identificazione personale o dati sulla posizione. Purtroppo ci sono ancora alcune cose da chiarire:

  • I segnali Bluetooth non sono del tutto sicuri: possono essere contraffatti e possono essere vulnerabili
  • La veridicità delle informazioni raccolte: l’app non può sostituire i test clinici
  • I dati raccolti e decriptati nelle strutture: chi può accedervi? Come sono valutati e conservati?

Naturalmente bisogna trovare una risposta a queste domande, garantendo un alto livello di privacy ai cittadini (magari integrando ogni server con una rete VPN) senza rinunciare alla difesa della salute.

 

Con il coronavirus aumentati gli attacchi informatici

Ogni giorno oltre 240 milioni di messaggi di spam a tema Covid-19 finiscono sulla posta elettronica di Gmail. Il dato allarmante è il frutto di una ricerca compiuta da Google.  Il coronavirus, insomma, è sempre più sfruttato dai cybercriminali per sferrare attacchi informatici.

In un post di Google si legge anche che i sistemi automatizzati di Big G nell’ultima settimana hanno fermato, quotidianamente, 18 milioni di email di phishing e malware, che fanno parte dei 100 milioni di messaggi di phishing bloccati al giorno.

Le minacce, di cui assicura di Google bloccare “il 99,9%“, fanno leva sulla paura e su incentivi finanziari. Tra gli esempi, ci sono mail che fingono avere come mittente un funzionario dell’Organizzazione mondiale della sanità, e che puntano a infettare con malware il dispositivo del destinatario, oppure a farsi inviare una donazione.

Google e Facebook aiutano le piccole imprese

Arrivano crediti da Google e Facebook ma anche contributi per dare una spinta alle Piccole e Medie Imprese che investono regolarmente in pubblicità sulle loro piattaforme.

Le iniziative, rivolte alle aziende di dimensioni contenute e agli editori, sono in fase di definizione e saranno valide in tutto il mondo compresa l’Italia.

Google ha messo a disposizione 340 milioni di dollari sottoforma di crediti caricati direttamente nell’account pubblicitario, da utilizzare nell’arco di tutto il 2020 su tutta la piattaforma Google Ads, dunque per le campagne sulla Search, sugli Ads Display e su YouTube.

Facebook, invece, ha stanziato 100 milioni di dollari in crediti e contributi a favore di circa 30mila piccole attività su 30 Paesi, ma siamo in attesa del via libera per l’Italia. Altri 100 milioni di dollari saranno offerti ai publisher.

Per l’azienda di Mountain View i crediti saranno disponibili per le aziende che hanno un account attivo su Google Ads almeno dal primo gennaio 2019 in regola con il contratto di partnership, mentre non si specificano né dimensione né fatturato delle PMI che possono usufruire degli aiuti.

Altri 200 milioni di dollari di contributi in Google Ads sono disponibili per le comunità finanziarie ed enti non governativi per campagne con annunci di pubblico servizio. Inoltre, Google metterà a disposizione fino a 250 milioni di dollari all’Organizzazione Mondiale della Sanità e altre agenzie governative per campagne che forniscono informazioni essenziali sulla prevenzione del contagio da Covid-19. Infine, sul tavolo anche 20 milioni di dollari in crediti Google Cloud riservati a istituzioni accademiche e centri di ricerca.

I crediti saranno disponibili direttamente sugli account fino al 31 dicembre 2020 e i proprietari del profilo Google Ads saranno avvisati nei prossimi mesi.

Per quanto riguarda Facebook, invece, tutte le informazioni sono reperibili qui ma sono decisamente più generiche. L’azienda comunica che intende erogare i crediti a realtà con non più di 50 dipendenti, in attività da più di un anno e che hanno subito effetti in conseguenza del Covid-19. Per ora questo è quanto, ricordando che il supporto è garantito a sole 30mila PMI nel mondo, è consigliabile iscriversi a uno specifico servizio di alert per essere aggiornati sulle modalità.

Facebook ha anche messo a disposizione un milione di dollari in partnership con l’International Fact—Checking Network per supportare il lavoro dei fact-checkers, in Italia è stato selezionato il sito Pagella Politica. Infine, attraverso il Facebook Journalism Project è stato sbloccato un altro milione di dollari a supporto dei siti di news negli Stati Uniti e in Canada.

Per i 200 anni del Museo del Prado arriva il doodle di Google

E’ dedicato al bicentenario del museo del Prado di Madrid il “doodle” di Google di martedì 19 novembre. L’dedificio è uno dei più famosi del mondo. Il disegno che campeggia sulla homepage del motore di ricerca più famoso al mondo, fa sapere la stessa Google, è stato ideato dal fumettista Nate Swinehart.

Il Museo fu voluto da Carlo III di Spagna, che si affidò a uno dei suoi architetti preferiti, Juan de Villanueva. Il museo è tra i più celebri anche per la vasta collezione di opere custodita all’interno. Tantissime le grandi opere che racchiude, da Davide e Golia di Caravaggio al Ragazzo seduto di Manzano y Mejorada al Giardino delle delizie di Bosch, da Las meninas di Velazquez sino alle Tre grazie di Rubens, così come le armi de Il 3 maggio 1808, la fucilazione dipinta da Goya.

Tra gli artisti anche Fra’ Angelico, Andrea Mantegna, Raffaello Sanzio, Hieronymus Bosch, Rogier van der Weyden, Pieter Bruegel il Vecchio, El Greco, Pieter Paul Rubens, Tiziano.

Ecco come imparare a gestire le recensioni negative secondo CarGurus

Una mattina decidi di leggere i commenti online sul tuo concessionario e non puoi fare a meno di spaventarti: qualcuno ha lasciato una ferocissima recensione da una stella! Immediatamente ti senti assalire dalla rabbia: vuoi inveire contro chi ha rilasciato il commento perchè sta dando al pubblico un’idea sbagliata della tua attività.

Prima di prendere decisioni affrettate, concediti un attimo per riflettere su come procedere. Nel mondo digitale di oggi, le recensioni online sono un dato di fatto: chiunque può lasciarne una su piattaforme come Facebook, Google, Yelp e Yahoo, per non parlare dei siti specializzati nell’acquisto di automobili come CarGurus. Queste situazioni possono essere gestite in maniera intelligente e, addirittura, contribuire a migliorare la reputazione della società.

Le recensioni online sono un’occasione per mostrarsi attenti nei confronti dei consumatori

Secondo un sondaggio condotto da Dimensional Research, nel fare acquisti l’88% delle persone si fa influenzare dai pareri espressi online. Inoltre, una ricerca realizzata direttamente da CarGurus indica che il 70% degli acquirenti CarGurus consulta sempre le recensioni di un rivenditore prima di contattarlo. Queste statistiche spiegano perché è fondamentale interessarsi al contenuto delle recensioni, ma senza irritarsi per i commenti negativi.

Una recensione negativa è un’occasione per mostrare la propria attenzione nei confronti dei clienti e l’importanza della loro soddisfazione. La scelta di ignorare una recensione negativa può essere confusa con un sostanziale disinteresse.

Le critiche possono persino essere d’aiuto all’attività. Nel 2017, AdWeek ha affermato che le risposte alle recensioni negative possono far salire il tasso di conversione fino al 67%. Un fenomeno che sembra confermare la veridicità del motto secondo cui la pubblicità non è mai negativa. 

L’empatia come arma per rispondere ai commentatori

Bisognerebbe sempre rispondere alle recensioni negative a sangue freddo, senza lasciarsi trasportare dall’irritazione. Affrontare la situazione con calma e razionalità. Per prima cosa, si deve ringraziare per il riscontro fornito, scusarsi per l’esperienza negativa e mostrarsi disponibili a risolvere la situazione.

Nel rispondere, è importante concentrarsi su tre aspetti chiave:

  • Ammettere che qualcosa non va. Riconoscere il problema del cliente e accettare le proprie colpe.
  • Spiegare quale potrebbe essere la soluzione e in che modo i clienti futuri non incorreranno più in queste difficoltà.
  • Offrire un risarcimento per l’inconveniente subito. Potrebbe trattarsi, ad esempio, di un rimborso, di uno sconto o di una revisione gratuita.

Non importa chi sia dalla parte del torto. Alcuni clienti possono essere ostinati ed esigenti, ma le recensioni online non sono il contesto ideale per stabilirlo. Una risposta positiva denota la capacità di un’azienda di ascoltare i propri clienti.

Le opinioni dei clienti soddisfatti contano

Secondo una ricerca di Bright Local, l’84% delle persone si fida delle recensioni online come se fossero dei consigli personali. I commenti negativi possono essere contrastati incoraggiando i clienti soddisfatti a esprimere il loro punto di vista. Se il numero di recensioni positive è superiore a quello delle recensioni negative, il danno è ridotto al minimo.

Si possono spingere i clienti a lasciare commenti in vari modi:

  • Offrire dei coupon, degli sconti o dei servizi extra ai clienti che lasciano un commento online.
  • Riempire il concessionario di cartelli e adesivi dei siti di recensioni in cui si è attivi.
  • Inserire nelle fatture una nota attraverso cui invitare i clienti a lasciare una recensione online.

Nel chiedere recensioni, non bisogna specificare che i commenti debbano essere positivi. Per essere efficaci, i pareri espressi devono essere sinceri.

Una recensione negativa può essere usata per migliorare la reputazione dell’azienda, perciò è sicuramente meglio di un’assenza totale di recensioni.

Come funziona CarGurus:

CarGurus aiuta gli acquirenti di auto a cercare tra gli annunci locali e trovare rapidamente le migliori offerte dai migliori venditori. Ogni giorno l’Azienda analizza milioni di dati raccolti su centinaia di migliaia di inserzioni di auto per calcolare l’Instant Market Value (IMV) di ciascuna vettura o il prezzo di vendita equo. Questi dati vengono utilizzati in combinazione con le valutazioni delle concessionarie di altri acquirenti per classificare e valutare i risultati della ricerca delle auto disponibili in base alla qualità dell’affare: offerta ottima, offerta buona, offerta corretta, prezzo sopra la media, prezzo elevato. Il sito fornisce inoltre ulteriori informazioni trasparenti come ad esempio da quanto tempo l’auto è in vendita e se ha subito un calo del prezzo. I consumatori possono contattare direttamente i rivenditori.

 Informazioni su CarGurus:

Fondata nel 2006 da Langley Steinert (co-fondatore di TripAdvisor), CarGurus (Nasdaq: CARG) è un marketplace online di auto presente in tutto il mondo che mette in contatto acquirenti e venditori di automobili. L’Azienda utilizza una tecnologia proprietaria, algoritmi di ricerca e analisi dei dati per portare fiducia e trasparenza nell’esperienza di acquisto online di auto e aiutare gli utenti a fare grandi affari con i migliori rivenditori. CarGurus è il sito di acquisti automobilistici più visitato negli Stati Uniti*. CarGurus è stata lanciata in Italia nel 2018. Oltre a Italia e Stati Uniti, CarGurus è presente in Canada, Regno Unito, Germania e Spagna. CarGurus® è un marchio registrato di CarGurus, Inc. Tutti i nomi di prodotti, marchi e marchi registrati appartengono ai rispettivi proprietari.

Per saperne di più su CarGurus visitate www.cargurus.it e @cargurusitalia su Facebook e Instagram.

* Comscore Media Metrix® Multi-Platform, Automotive – Information/Resources, Total Audience, Q2 2019, U.S. (Competitive set: CarGurus.com, Autotrader.com, Cars.com, TrueCar.com)

Wedding Industry: il mercato in Italia vale oltre 5 miliardi di euro

L’ industria dei matrimoni è un mercato molto importante per l’economia del nostro paese, che vale in Italia oltre 5 miliardi di euro. A parlarne qualche giorno fa in una conferenza stampa la Presidente del Convention Bureau Italia, gli Assessori al Turismo ed allo Sviluppo Economico della Regione Toscana e del Comune di Firenze in merito allo sviluppo del turismo della Wedding Industry in Toscana e in Italia.

Durante l’incontro è stato inoltre annunciato per il prossimo 20 marzo a Firenze, presso Villa Corsini a Mezzomonte, la seconda edizione del Wedding Industry Meeting, il più importante appuntamento annuale B2B della filiera Toscana e nazionale.

A creare l’evento la Corsini.Events group (www.corsinievents.com) in collaborazione con il Destination Florence Convention & Visitors Bureau (www.conventionbureau.it), che hanno aiutato le istituzioni della Regione Toscana a sviluppare un ambito di studio e di ricerca dedicato al mondo del ‘Destination Wedding’ per cercare di identificare e studiare il fenomeno.

Una collaborazione che ha dato vita nel 2016 al congresso mondiale dei Wedding Planner “#DWP2016”, nel 2018 ha dato vita e ospitato la prima edizione del Wedding Industry Meeting #WIMEVENT18, la cui seconda edizione è in preparazione per il 2019 #WIMEVENT19.

Il Wedding Industry Meeting (www.weddingindustrymeeting.com) è diventato così il primo evento del settore in Europa sostenuto e patrocinato da tutte le istituzioni di una regione/destinazione. Infatti l’iniziativa ha il sostegno ed il contributo di Regione Toscana, Toscana Promozione per il Turismo, Camera di Commercio di Firenze, Aeroporti di Toscana, Comune di Firenze, Città metropolitana di Firenze, Destination Florence Convention & Visitors Bureau, Convention Bureau Italia e Centro Studi Turistici Toscano.

“Per noi è molto importante sottolineare questo aspetto in quanto proprio l’appoggio istituzionale ci sta permettendo di far conoscere questa filiera produttiva così importante per il nostro paese” racconta Tommaso Corsini, Ceo e Founder di Corsini.Events group , la società, di base a Firenze, che organizza e produce eventi e ricevimenti e che collabora con le istituzioni per lo studio e sviluppo del settore in Toscana.

Dalle analisi condotte in partnership con le istituzioni si stimano che siano almeno 8.700 i matrimoni stranieri svolti in Italia nel 2018. Considerando un budget medio per il ricevimento di circa 59.000 euro, possiamo identificare un mercato che ha un valore di circa 513 milioni di euro. Tale cifra però considera solamente il budget effettivamente speso dagli sposi per il loro evento nel nostro paese. A questo dobbiamo aggiungere una spesa media per presenza turistica e la spesa per i vettori di viaggio (treni e aerei).

Gli 8.700 eventi sul territorio nazionale producono circa 800.000 arrivi per un totale di oltre 2.000.000 di presenze di turisti stranieri sul nostro territorio. Considerando una spesa media “al ribasso” di 115 euro a presenza al giorno, questo produce oltre un indotto di oltre 230 milioni di euro.

Gli 800.000 arrivi sul nostro territorio, a loro volta, producono un indotto tra le grandi vettori di trasporti, treni, aerei ed autostrade di ulteriori 160 milioni di euro.

Sommando tali cifre possiamo fare una stima molto al Ribasso che la Destination Wedding Industry in Italia vale come minimo 903 milioni di euro di indotto primario, per un indotto globale di oltre 1,5 miliardi di euro totali (coeff. 1.75).

Ciò che rende tutto ciò ancora più interessante è che tutti questi calcoli verificano esclusivamente i casi in cui entrambe i membri della coppia sono stranieri non residenti in Italia, non si calcolano quindi i casi in cui solo un membro della coppia sia straniero o i casi di Destination Wedding Nazionali (ad esempio una coppia di milanesi che si sposa in Toscana) o i casi degli italiani residenti all’estero che tornano a sposarsi in Italia.

Ovviamente ancora non stiamo nemmeno introducendo il tema dei mercati nazionali locali. Non sono ancora mai stati condotti degli studi su tali temi, ma secondo le nostre proiezioni si potrebbe ipotizzare circa 3 miliardi di euro senza ancora considerare i servizi relativi al mercato nazionale per il quale si stima ulteriori 4 miliardi di euro (190.000 matrimoni celebrati ogni anno in Italia per una spesa media di 24.000 secondo dati ISTAT) per un totale di oltre 5,5 miliardi di euro. Parlando di un mercato e di una filiera che coinvolge oltre 30.000 tra partite iva e aziende per un totale che supera ampiamente i 100.000 lavoratori in tutta Italia.

In questa tipologia di studi per altro abbiamo cercato di identificare solo l’aspetto economico diretto di questo comparto. Sarebbe anche interessante verificare quanto questo abbia delle ricadute di immagine e di ritorno sui territori dove viene effettuato.

Infatti ogni volta che un turista si sposa su un determinato territorio dobbiamo verificare alcuni aspetti come: 1) Per l’organizzazione dell’evento deve tornare diverse volte 2) è un turismo delocalizzante e spesso destagionalizzato (fondamentale per le nostre città) 3) è un turismo tipicamente molto ricco e tende ad avere capacità di spesa ben superiori al turismo normale 4) coloro i quali si sposano in un territorio che non è il loro tendono a creare una certo valore affettivo con lo stesso e quindi a tornarci periodicamente dopo le nozze.

Il fenomeno quindi è molto più importante di quanto si pensi ed economicamente vale decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Italia. Il nostro paese è una delle destinazioni leader nel mondo, ma stiamo iniziando a perdere terreno verso destinazioni emergenti.

Il mercato della Wedding Industry è infatti costellato di piccole e micro imprese oltre ad un numero indefinibile di Partite Iva (dai catering, agli alberghi, dai truccatori agli autisti, tutto generalmente coordinato dalle società di wedding planning e produzione di eventi). Tale frammentazione non permette una comunicazione vera e propria delle destinazioni nel loro complesso e rende impossibile la definizione di standard qualitativi e commerciali tali da garantire il servizio al consumatore.

In questo quadro si rende sempre più necessario creare delle policy di destinazione che tocchino la promozione e la regolamentazione dei mercati. Queste devono essere portate avanti dalle istituzioni o dagli enti di promozione turistica e dovrebbero iniziare a definire le regole di questo mercato totalmente lasciato a se stesso.

La Toscana ad esempio da oltre 3 anni si è occupata di questo affidando un incarico regionale a Destination Florence Convention & Visitor Bureau. Tale incarico ha permesso alla destinazione di crescere in maniera un po’ più organizzata sui mercati internazionali e sta aggregando la Toscana al punto da poterla paragonare, nelle conferenze internazionali di settore, ad interi stati (alcune analisi hanno ad esempio paragonato la Toscana, alla Grecia, alle Hawaii, alle Maldive, al Messico alla Jamaica ed alla Tailandia). Tutto ciò però non basta, la predominanza delle micro imprese favorisce il lavoro nero e impone troppo spesso politiche di prezzi che si riducono al sottocosto mettendo in difficoltà le imprese che spesso e volentieri non riescono a superare il gap dei 3 anni di vita rendendo insicuro il parco fornitori del mercato.

È necessario che si comincia d identificare la “Wedding Industry” come un vero e proprio comparto produttivo dell’industria turistica nazionale. È necessario che le istituzioni affidino agli enti di ricerca e di studio le ricerche di mercato atte a far migliorare le strategie finalizzate alla crescita, e che vengano adottati metodi di comunicazione B2C delle diverse destinazioni che abbiamo in Italia al fine di promuovere tale mercato. Tanto per dare un’idea lo studio ha verificato che su Instagram il destination wedding italiano copre solo il 20% degli hashtag dedicati. Su Google la questione non migliora, infatti una ricerca a livello internazionale dimostra come solo il 13% delle ricerche organiche mondiali sul destination wedding sono indirizzate verso il nostro paese.

L’esigenza di un’azione organica delle destinazioni ormai è diventata imprescindibile in quanto nessun attore del mercato ha una forza economica o comunicativa tale da influenzare i consumatori. Solo un’azione collettiva potrebbe migliorare la situazione e non farci perdere terreno verso destinazioni emergenti che tipicamente hanno un costo del lavoro inferiore al nostro. Per maggiori informazioni sui protagonisti dello studio consigliamo i siti internet www.weddingindustrymeeting.com, www.corsinievents.com, www.conventionbureau.it, www.tuscanyforweddings.com.

Google lancia Daydream, piattaforma per la realtà virtuale

Roma. Google svela il suo ecosistema per la realtà virtuale: si chiama Daydream, una piattaforma che sarà disponibile su più dispositivi: smartphone, visori, controller e applicazioni. Nessun visore “autonomo” da pc o telefoni ha esordito dunque sul palco dell’Anfiteatro Shoreline durante la
Google I/O, come indiscrezioni indicavano, ma la dimostrazione di un controller, un telecomando con due pulsanti e un trackpad, e l’immagine di un visore per la realtà virtuale che funzionerà
in abbinamento a uno smartphone e arriverà in autunno.

Google ha spiegato che l’intera piattaforma Android è stata ottimizzata per la realtà virtuale e che i produttori Samsung, HTC, LG, Xiaomi, Huawei, ZTE, Asus e Alcatel stanno tutti già sviluppando telefoni compatibili con questa tecnologia.

L’ecosistema delle applicazioni si prospetta ricco: Wall Street Journal, CNN, Nyt, USA Today stanno lavorando ad app per Daydream, al pari di Netflix, Hulu, HBO e la Major League Baseball. Anche il Google Play avrà le sue app compatibili: Street View, Foto e YouTube che é stata “completamente
riprogettata” per la realtà virtuale.

Google entra nel complesso archeologico della Valle dei Tempi

Google “entra” nella Valle dei Templi, uno dei maggiori complessi archeologici del Mediterraneo. Sono partite oggi le operazioni di mappatura fotografica di Google Street view, l’evoluzione di Google Maps
che consente di esplorare il mondo attraverso fotografie panoramiche scattate a livello stradale.

Le operazioni interesseranno l’intera area del complesso archeologico. La Collina dei templi di Giunone, Concordia ed Ercole, il Santuario delle divinità ctone, i tempi di Zeus e dei Dioscuri, saranno piu’ vicini da qualcunque parte de globo. Lo strumento messo in campo da Google per la mappatura è il
Trekker, uno speciale ‘zaino’ dotato di 15 fotocamere che scattano foto ogni 2,5 secondi. Una volta elaborate e verificate, le immagini fotografiche saranno consultabili online su Google Street View. Sara’ cosi’ possibile per gli utenti di tutto il mondo accedere alle bellezze della Valle dei Templi, dichiarata nel 1997 dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanita’”.

Allo stesso tempo, le istituzioni e gli enti turistici potranno sfruttare questo servizio per valorizzare il
territorio nelle proprie attività promozionali. Le immagini si andranno ad aggiungere alle Special Collects di Street View realizzate in questi anni che per la Sicilia già includono, tra gli altri, l’Etna e le spiagge delle isole Egadi ed Eolie.

Enti turistici, associazioni non profit e università interessate a valorizzare particolari aree del territorio di interesse artistico o naturalistico possono inoltre chiedere di partecipare al Trekker Loan Program che prevede di poter ottenere il Google Trekker in prestito per contribuire a raccogliere, preservare e portare online immagini di luoghi remoti e unici. L’iniziativa si aggiunge ai programmi di formazione attivi in diverse province siciliane per diffondere le competenze digitali tra le imprese (oltre 600 le aziende siciliane coinvolte nelle attività di eccellenze in digitale) e tra i giovani (più di 7500 i ragazzi della regione iscritti a Crescere in digitale) e alle attivita’ del Google Cultural Institute per valorizzare le bellezze artistiche e culturali della Regione, rendendole accessibili a chiunque abbia una connessione Internet.

Dal colosso Google progetti per aiutare le persone diversamente abili

Roma. Dalla mappa online delle barriere architettoniche alle stampanti 3D usate per dare a persone su sedie a rotelle i giusti supporti posturali. Sono alcuni dei progetti premiati, e finanziati, da Google.org nell’ambito della “Impact Challenge: Disabilities”.

Lanciata l’anno scorso l’iniziativa é rivolta al mondo no profit per la creazione di tecnologie che facciano la differenza per le persona disabili. In palio 20 milioni di dollari di finanziamenti. Oggi il colosso informatico annuncia i 30 vincitori selezionati fra le idee arrivate in un anno da oltre mille organizzazioni di 88 diversi Paesi. Potenzialmente, spiega Google, ciascuna di queste soluzioni può “essere applicata su larga scala”.

Tra i progetti segnalati c’é quello della britannica Motivation che usa le stampanti 3D per testare progetti di supporti posturali personalizzati e per condividere attraverso un database aperto i progetti più riusciti con altri fornitori di servizi. Soluzione pensata per le persone che utilizzano sedie a rotelle e che hanno bisogno di attrezzature per il supporto posturale – oltre la metà – per garantire la propria salute e la propria sicurezza, in particolare per quelle che nei Paesi in via di sviluppo spesso non hanno i mezzi per accedervi.

C’é anche il progetto della fondazione olandese ProPortion che sta sviluppando “Majicast”, dispositivo automatizzato per la produzione di invasature protesiche destinato ai Paesi in via di sviluppo, in cui l’accesso alle protesi é fortemente limitato. Il progetto tedesco Wheelmap è volto invece a mappare le barriere architettoniche nei luoghi pubblici, per permettere ai disabili di pianificare le vie di accesso e di uscita.