Giangilberto Monti, la canzone francese e un viaggio incredibile nel Novecento

C’è stato un tempo in cui la canzone italiana e quella francese erano in costante dialogo. Influenze, traduzioni, successi, popolarità degli artisti. Da un po’ non accade più.

Ma Giangilberto Monti, storico cantautore milanese, celebra quella stagione con un disco dal vivo appena uscito. S’intitola “Françalien. Gli anni d’oro della canzone francese” ed è un album collegato al libro scritto per Gremese dallo stesso Monti insieme a Vito Vita.

La raccolta comprende alcuni classici e alcune curiosità.

Si apre con “L’istrione” – canzone bellissima di Charles Aznavour – uscita in Francia come “Le cabotin”. Seguita da un’imprevedibile “Il ragazzo della via Gluck” di Adriano Celentano nella versione francese portata al successo da Francois Hardy (“La maison où j’ai grandi”) nello stesso anno di uscita dell’originale, il 1966.

Il disco di Monti è bello, sentito e arrangiato in mondo straordinario. Si capisce che il repertorio è stato scelto per il palcoscenico, ma la resa è davvero notevole.

Il disco prosegue con “Albergo a ore” (in francese interpretata da Edith Piaf) qui nella versione di Herbert Pagani, straordinaria figura di artista esule capace di conquistare più paesi con la forza del proprio talento. Seguita da “Lo straniero”, successo (anche questo in italiano) di un altro outsider della canzone, Georges Moustaki. Due artisti nati in Africa (Pagani a Tripoli, Moustaki ad Alessandria d’Egitto), d’origine diversa (il primo italiana, il secondo greca nonostante fossero entrambi ebrei), infine divenuti a tutti gli effetti cantanti francesi.

Questo il cuore del disco – che dimostra come Monti non abbia scelto le canzoni e i protagonisti a caso. Tra le altre canzoni, tutte rese con sapienza e talento dall’artista milanese, a volte in italiano talora in un uno splendido francese: “Che snob” (da Boris Vian passando per Serge Gaingsbourg), “Canzone dei vecchi amanti” (da Jacques Brel con un pensiero a Bardotti e Battiato), “Bang bang”– sola incursione nel repertorio americano di Sonny & Cher – per ricordare il grande successo della versione italiana di Dalida, stella italo-francese.

Un cenno a parte merita la straordinaria “Chacun de vous est concerné” di Dominique Grange – rubata da De André per farla diventare “La canzone del maggio”. Monti, che ne fa un’interpretazione straordinaria, la introduce e la chiude in milanese e ci spiega, senza troppe parole, il senso profondo della canzone popolare.

Chiude il disco “Il rumore degli stivali”, traduzione italiana del capolavoro di Jean Ferrat: “Le bruit des bottes”. L’invettiva prende le mosse dalla dittatura cilena ma poi racconta tutto l’orrore dei regimi totalitari.

Un grande disco, dunque. Da ascoltare e riascoltare. E sul quale ragionare. Perché la canzone d’autore ha saputo, così come certa letteratura, e forse anche di più, raccontare le contraddizioni del nostro tempo.

Ferdinando Molteni

Il video da vedere: https://www.youtube.com/watch?v=j_7a6QTs5do