TRACK BY TRACK – LE PAROLE DEI THE ROOTWORKERS
Work All Day | Il titolo non lascia spazio all’immaginazione, “Work All Day” è l’incarnazione del disagio dei nostri giorni, i quali vedono scorrere inesorabilmente il tempo, un tempo che non c’è. Il lavoro onnipresente penetra anche nelle relazioni, arrivando ad opprimere persino l’amore. La rabbia trapela dai suoni graffianti e lamentosi delle chitarre e della voce. Un break down a metà brano che sembra restare sospeso in un senso di abbandono e di rassegnazione, sfocia infine in un pianto pieno di colori, quasi un’invocazione a qualcosa di più grande, di sacrale.
Lonesome Boy | Uno dei primi brani concepiti dalla band, che pone i presupposti per un sound acre e grooves di tiro. Un omaggio sentito al vecchio blues, che rivive attraverso deformazioni e mutamenti della struttura melodica e ritmica. Il testo è un monologo di un “ragazzo solo” che indaga i vari punti di vista presenti in un rapporto. In contrapposizione al tema convenzionalmente triste, la traccia è interpretata con energia e dinamicità.
The Woman I Love | “The Woman I Love” è un inno alla donna e al suo corpo. La sinuosità del riff di basso, le chitarre calde e brillanti con qualche sfumatura noir e una sezione ritmica che adagia sui tempi deboli fanno da sottofondo ad un testo che barcolla tra il romantico e l’ironico. La carnalità si interrompe nel mezzo del brano, dove uno special dub/psichedelico lascia spazio all’interiorità, alla “spiritualità femminile” che suscita uno stato di trance, di ipnosi.
To Leave Nobody | Forte di un giro armonico esteso e di tempi dilatati, “To Leave Nobody” è il brano all’interno dell’EP che più vira verso la psichedelia, mantenendo per tutti i suoi 4 minuti un’atmosfera onirica, di immagini non definite e travisabili. Il testo si compone di frasi che sembrano essere a sé stanti, sconnesse, lisergiche, come a rappresentare uno stato di disorientamento costante.
Dirty Ceiling | “Dirty Ceiling” è il cavallo di battaglia della band, forse il brano che più ci rappresenta. Le chitarre scottano, la sezione ritmica pedala freneticamente per 2:19 minuti e l’armonica ci riporta direttamente con i piedi nelle acque fangose del Mississippi. Una soffitta sporca, malmessa, un luogo dal quale “esce rumore, o anche musica dolce”. Un elogio al nostro tempio, luogo sacro e profano, che nei suoi pochi metri quadrati ci rende liberi e apre possibilità di viaggi senza confini.
Another Night | È nelle notti più dure, più tortuose e deliranti , quando non vediamo più il fondo e anche i passi diventano incerti che la provvidenza muliebre ci viene in soccorso. Ricorre ancora il tema della donna, stavolta come donna “che salva”, donna protettrice. “Another night” è la nostra ballad per eccellenza, un blues/soul costruito su un basso ostinato, arricchito con linee melodiche variopinte, in sospensione, che restituiscono l’immagine delle grazie e dell’amore espressi nel testo. |