Genova. Si parla di diritti e allora parliamo di diritti, di un personaggio che per la sua omosessualità è stato messo in disparte, erano gli Anni ’60, nonostante avesse scritto canzoni come Arrivederci e, soprattutto, un capolavoro assoluto come Il nostro concerto. Canzoni eseguite non solo dai grandi interpreti italiani ma internazionali come il sommo jazzista Chet Baker. Stiamo parlando di Umberto Bindi, nato a Bogliasco nel 1932, morto in povertà a Roma nel 2002, a buon diritto uno dei padri della canzone d’autore genovese.
Nato nel genovese il 12 maggio 1932, insieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Fabrizio De André e Luigi Tenco è uno dei maggiori esponenti della cosiddetta scuola genovese dei cantautori, un nucleo di artisti che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. Bindi in particolare è quello meglio preparato musicalmente, e la sua propensione per una melodia elegante e per arrangiamenti sontuosi lo avvicinano ai cantanti da musica classica. Le sue migliori composizioni hanno i testi di un concittadino, il paroliere Giorgio Calabrese.
Con lui dà vita ad Arrivederci (1959) (che partecipa a Canzonissima conquistando il secondo posto), alla toccante Il nostro concerto (1960), in cui mette a frutto i suoi studi in una magnifica introduzione strumentale lunga più di 70 secondi e che raggiunge la prima posizione in classifica per 10 settimane, alla splendida Vento di mare, piena del mare della Liguria, e a Non mi dire chi sei (Festival di Sanremo 1961). Con l’amico Gino Paoli scrive Il mio mondo, Un ricordo d’amore e L’amore è come un bimbo. Con Franco Califano e Nisa scrive La musica è finita (1967) per Ornella Vanoni, e quindi Per vivere (1968) per Iva Zanicchi.
Col tempo incontra sempre maggiori difficoltà nell’ambiente musicale, in parte per la scarsa richiesta di compositori dotati del suo tocco raffinato, ma soprattutto a causa della discriminazione dovuta alla sua omosessualità. Come raccontò egli stesso al Festival di Sanremo 1996 i suoi problemi cominciarono su quello stesso palco, nel 1961, quando i giornali parlarono non della bellissima melodia che aveva scritto ma dell’anello che portava al dito. Attiva la collaborazione con il paroliere Alberto Testa, tra le canzoni composte insieme Basta una volta e Riviera (1961).
Negli ultimi anni di vita la sua opera sarà riscoperta, un tributo tardivo ad un grande artista discriminato solo per il orientamento sessuale.
tratto da http://liguriaedintorni.blogspot.it